Cari soci
nel mese di Agosto 2009 il Comune di Portoferraio ha licenziato la cosiddetta “variante della portualità”, meglio conosciuta come “WATERFRONT”.
In sintesi il progetto di rifacimento totale di tutta l’area portuale che va dalla darsena fino alle Grotte.
Insieme a Legambiente, attraverso una serie di incontri serrati, abbiamo formulato delle osservazioni “a 4 mani” che abbiamo inoltrato al Comune entro il limite del 22 ottobre u.s.
Subito dopo abbiamo affidato lo stesso testo ai giornali. Chi fosse interessato a dare un’occhiata al progetto può collegarsi al sito del Comune e a chi fosse sfuggito il ns comunicato di seguito ve lo ripropongo.
Da Italia Nostra e Legambiente una totale stroncatura del Water Front di Portoferraio Osservazioni severissime delle due associazioni ambientaliste sulla variante portuale “Ecologismo di facciata e scelte reali devastanti per l’ambiente”
La variante al Piano strutturale per la portualità di Portoferraio applica i principi del Master Plan dei porti della Regione Toscana, e ha un impatto strategico oltre che sul Comune di Portoferraio anche sull’intero Arcipelago Toscano e sulla costa tirrenica, e una prospettiva temporale di lunga durata e probabilmente irreversibile.
Appare difficile conciliare quanto proposto con quanto scritto nella Relazione illustrativa: «Tutto ciò deve avvenire però conservando i caratteri della rada, i valori paesaggistici ed ambientali di un porto naturale ove le strutture portuali non debbono avere e non hanno bisogno di avere rilevanza alcuna almeno per quanto riguarda le opere di difesa dal mare che qui dentro è in qualche modo sempre “amico”», visto che nella sostanza quel che si propone (invece che un adeguamento, miglioramento e recupero dell’esistente che potrebbe secondo noi ottenere lo stesso risultato in termini di posti barca), è una completa riscrittura che cancella le caratteristiche di quel che si asserisce di voler conservare.
E’ anche abbastanza preoccupante che tutto questo venga inserito all’interno della «cornice programmatica e supporto alla elaborazione della variante, nonché del programma di settore, l’intesa programmatica tra Regione, Provincia, Autorità Portuale e comuni, per “LA QUALIFICAZIONE DEL SISTEMA PORTUALE DELL’ISOLA D’ELBA”», visto che la variante proposta indica la realizzazione di strutture e servizi (piscina ed altro) che poco hanno a che vedere con i porti ma che risulteranno alla fine doppioni di quel che si sta realizzando, sempre come servizi ai porti, in altri comuni. E’ evidente che l’intesa programmatica non ha affrontato questa questione spinosa e che con l’intento di qualificare il sistema portuale dell’Isola d’Elba si rischia l’ipertrofia e l’inutilità delle infrastrutture, la cementificazione diffusa delle coste, la realizzazione di servizi che invece di essere comuni risponderanno per l’ennesima volta alle esigenze della frammentazione amministrativa elbana, costituendo alla fine un nuovo peso, non solo ambientale, per le nostre comunità.
Considerata la dichiarata valenza strategica del piano strutturale si osserva che l’adozione della variante finalizzata alla realizzazione di strutture portuali per il diporto nautico non può prescindere dalla corretta adozione di tutte le politiche internazionali, europee, nazionali e regionali che si intersecano con la pianificazione territoriale, dallo svolgimento di un’approfondita analisi di eventuali altre soluzioni alternative, dallo studio approfondito dell’impatto sia paesaggistico sia funzionale degli specchi acquei coinvolti attraverso elementi di valutazione integrata, e dal coinvolgimento e dalla partecipazione delle Associazioni Ambientaliste e soprattutto della cittadinanza.
Per questi motivi la variante urbanistica avrebbe dovuto essere accompagnata da una più attenta valutazione degli effetti indotti sul piano ambientale, naturalistico, paesaggistico, economico e sociale, da un’attenta analisi di eventuali alternative e da idonee misure di accompagnamento, anche per compensare e mitigare gli impatti, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
Quadro ambientale, difesa del suolo, conservazione della natura
• Risorse ambientali: misure per adeguare alla accresciuta richiesta la disponibilità della risorsa idrica, capacità di depurazione delle acque reflue, capacità del sistema dei rifiuti; gli interventi indicati ai punti 8.4.1-8.4.2 e 8.4.3 denunciano le deficienze dei sistemi infrastrutturali interessati e ne affidano la risoluzione ad Enti esterni senza stabilire principi di sincronismo con il progetto
• Conservazione della natura: richiesta di istituzione dell’Area marina protetta dell’Arcipelago toscano e estensione dell’area del Parco Nazionale alle colline dei crinali collegando San Martino con monte Castello per definire con uno strumento sovraordinato il limite all’espansione urbanistica e le regole di fruizione del mare;
• Difesa del suolo: mettere in sicurezza i corsi d’acqua le aree a rischio di esondazione, portare a scadenza senza rinnovare la concessione della cava di Colle Reciso;
• Bonifica dei siti inquinati: messa in sicurezza e bonifica dell’intera area della loppa sulla quale e’ stato edificata la zona industriale, bonifica dei blocchi presenti nell’area Esaom-Cesa e nel piazzale dell’ex centrale Enel, bonifica dei sedimenti marini riversati al parcheggio del “Chicchero” a San Giovanni, dei sedimenti di inerti nel fosso del condotto e nell’area marina prospiciente, dei sedimenti marini di cromo e nichel nell’area marina prospiciente ex Cromofilm.
Quadro paesaggistico
• Tutela del paesaggio: armonizzare la variante del piano strutturale con il piano del paesaggio della Regione Toscana in corso di adozione e facente parte del PIT
• Il Water Front propone una completa riscrittura del fronte della costa e quindi del paesaggio portoferraiese, spostandolo verso mare a volte con un’ inaccettabile occupazione che si estende per diverse decine di metri e che cementifica migliaia di metri quadrati. Uno snaturamento venato di gigantismo che chiediamo di rivedere riducendolo al minimo necessario.
Quadro Urbanistico
la variante non risolve ma assume e forse aggrava gli errori delle pianificazioni della seconda metà del secolo scorso che hanno determinato nel tempo:
• l’abbandono del centro storico come centro residenziale e commerciale
• la rete di commercio e servizi distribuita in modo filiforme lungo l’asse stradale principale,
• la distribuzione residenziale che rende impossibile realizzare un efficiente servizio pubblico di mobilità’ urbana
• l’espansione residenziale separata da una strada a quattro corsie dalla zona artigianale, che nel frattempo e’ diventata commerciale,
• l’assenza di una efficiente rete di piste ciclabili e di percorsi pedonali, visto che quelle proposte sembrano più al servizio delle attività portuali che dei cittadini di Portoferraio
• la sovrapposizione dei flussi della mobilità terrestre e marina
Quadro economico e sociale
• I documenti che accompagnano la variante non analizzano le ricadute economiche del nuovo piano e le azioni da attivare per formare la cittadinanza a fornire i servizi adeguati con la nuova realtà
• Lo sviluppo della nautica da diporto se non governato, potrebbe creare un conflitto con la balneazione mettendo in contrasto I relativi sistemi turistici e economici.
• Se e’ facilmente dimostrabile che il porto Portoferraio e l’isola d’Elba hanno le caratteristiche per ospitare megayacht, e il mercato emergente a livello mediterraneo é quello oltre i 100 metri, non é sufficientemente provato che un insediamento cantieristico possa reggere la concorrenza della Versilia, a tre ore di navigazione, o dei nuovi e ampliati porti sulla costa livornese e grossetana, dove la rete dei trasporti assicura la rapidità delle forniture necessarie e si è sviluppato un sistema diffuso di artigiani specializzati che avrebbe difficoltà a raggiungere quotidianamente l’isola.
L’impressione, che non vale solo per il Water Front di Portoferraio, ma anche per gli altri porti elbani, è che il Master Plan della Regione Toscana abbia assunto come inevitabile (e probabilmente auspicabile) che l’Elba e l’Arcipelago Toscano siano la “boa di transito” del diportismo toscano basato sulla costa che, d’altronde ha come meta di viaggio privilegiato proprio le nostre acque, con la perpetuazione di un turismo nautico mordi e fuggi che non tiene conto però degli impatti ambientali (e delle minori ricadute economiche) che una scelta di questo tipo comporta. Una situazione che determina un affollamento selvaggio delle coste che viviamo già per un periodo estivo ed al quale i nuovi porti sembrano candidarsi ancora di più. Probabilmente alcune correzioni a questo assalto indiscriminato e non regolato non vengono da operazioni di grande impatto come ilWater Front e dall’ampliamento anche oltre i limiti previsti dalla stessa Regione Toscana dei posti barca, ma dall’applicazione di strumenti più adatti all’Elba, come il Disegno di legge proposto dai senatori Ranucci, Zanda, Villari e Della Seta “Istituzione di campi di ormeggio attrezzati per unità da diporto nelle aree marine protette, nelle aree marine di reperimento e nei tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica ed antropica” e recentemente approvato dal Senato della Repubblica.
Relativamente alle alternative strategiche non si può non considerare la tendenza di molti porti del mediterraneo a interesse turistico di riconquistare il fronte del porto industriale ad un uso pubblico, di privilegiare l’insediamento delle strutture del diporto nautico nel porto antico in prossimità del centro storico e di attrezzare nuove aree alle esigenze del porto commerciale. In questa ipotesi andrebbe valutata una soluzione alternativa che preveda la pianificazione integrata della portualità tra comune e autorità portuale per:
• spostare a ovest le funzioni commerciali realizzando, con un limitato dragaggio, un nuovo pontile per traghetti, parallela a quelli esistenti intestato all’attuale Cantierino;
• utilizzare l’area demaniale tra viale Teseo Tesei e il mare per separare il flusso dei veicoli destinati al porto da quello urbano;
• realizzare una efficiente complanare tra il viale Teseo Tesei e il mare per collegare il porto con la zona artigianale;
• realizzare in una sezione dell’area artigianale, collegata direttamente con una complanare all’area portuale, la funzione di interporto per la distribuzione delle merci all’interno dell’isola.
Seguendo i punti su cui è articolato il Programma di Settore osserviamo che:
• (vedi punto 2.9) l’ampliamento del piazzale alla radice del molo 1, che a detta della Port Authority per ragioni di sicurezza non può essere utilizzato per ormeggio,non si capisce a che cosa serva e peraltro potrebbe in qualche modo intaccare l’aspetto originario del profilo paesaggistico del Porto.
• (vedi il punto 2.10) non si comprende la necessità (e comunque ci si chiede che cosa comporterebbe in termini di sbarramento delle correnti marine) della realizzazione di una diga foranea nel cosiddetto “porto cantieri” con la costruzione di un molo addirittura dotato di un ponte mobile! Collegata ad essa poi molto opinabile ci sembra la scelta (indicata al successivo punto 2.11) della ricollocazione sul molo foraneo del nuovo attracco del naviglio destinato a rifornimento carburanti che,a quanto sembra,dovrebbe consistere in una piattaforma galleggiante collegata a sua volta con il deposito carburanti tra la Punta della Rena e la provinciale Bivio Boni .Una tale ubicazione arrecherebbe danni gravissimi,non solo di immagine,alle Terme di San Giovanni così importanti per lo sviluppo turistico extra-stagionale di Portoferraio e dell’Isola intera.
• Infatti essendo proprio davanti alla stazione termale questa stazione di rifornimento rappresenterebbe anche un pericolo dal punto di vista salutistico (odori,effluvi,ecc) in netto contrasto con il messaggio di benessere che invece le terme trasmettono.
Disciplinare della variante del piano strutturale
si osserva che:
• la necessità di creare un collegamento pedonale e ciclistico che colleghi i nodi di San Giovanni, Carpani, Portoferraio come alternativa di mobilità urbana necessita di una solida soluzione a terra che attraversi l’area del porto turistico dei Cantieri e che costeggi il lato interno dell’area demaniale costituita della laguna costiera delle Saline per poi raggiungere San Giovanni, Schiopparello e Bagnaia, realizzando così davvero una pista ciclabile alternativa al traffico automobilistico e di grande rilievo a livello nazionale ed internazionale per i suoi valori ambientali e paesaggistici. Il ponte mobile sulla diga di sopraflutto tra il pontile Lucchesi e il fosso della Madonnina può essere considerato un percorso integrativo ma non l’unico; altre scelte urbanistiche prospettate lungo la costa del Golfo di Portoferraio negli ultimi tempi sembrano andare nella direzione contraria a quella da noi prospettata e fanno pensare alla solita pista ciclabile “all’italiana”, al solito moncherino di pochi chilometri che serve più a giustificazione “ambientale” di operazioni di grande impatto che come strumento di diversa mobilità in cui si crede davvero.
• non e’ giustificata la necessità di edificare volumi di servizio tra viale Teseo Tesei e il mare;
• l’ipotesi di costruire il mercato del pesce, considerando che gran parte del pescato della marineria locale è già destinato ai grossisti ed alla clientela del territorio elbano non sembra giustificata. Inoltre un mercato del pesce di adeguate dimensioni potrebbe trovare una collocazione più consona nel mercato coperto di Portoferraio, ridando così a quella struttura una vitalità che si ripercuoterebbe sull’intero centro storico che invece le nuove scelte del Water Front sembrano ulteriormente marginalizzare, inoltre il ritorno di un mercato del pesce nel centro storico potrebbe tranquillamente convivere con adeguate soluzioni strutturali sia con l’utilizzo del mercato coperto per altre funzioni (parcheggio per liberare dalle auto Piazza della Repubblica?) che con il mantenimento ed il miglioramento dell’attuale area commerciale;
• la localizzazione di un hotel a complemento di un cantiere nautico non sembra coerente con l’offerta turistica qualificata che si vuole realizzare e non viene messa in relazione con le contemporanee richieste di ampliamento e/o completo rifacimento lungo la costa, forzando ed indebolendo alla fine una offerta di camere che secondo le cifre fornite dalla stessa Associazione Albergatori dell’Elba già oggi soffre per il basso numero di pernottamenti rispetto al numero presente;
• la piscina destinata ad uso pubblico non può essere separata dalla zona residenziale da una strada a quattro corsie;
• manca un collegamento logico e funzionale tra la zona portuale turistica dei cantieri, l’area ex Edilnautica e del fosso del Riondo con quella artigianale, che sarebbe per sua natura destinata a ospitare un affaccio pubblico sulla rada, attrattore di attività;
• la collocazione del deposito petrolifero adiacente al fosso della Madonnina implica la riapertura di un incrocio a raso tra la provinciale di Porto Azzurro e di via della Ferriera che venne soppresso negli anni 70 a causa di gravi incidenti stradali e induce la possibilità di ulteriori gravi incidenti.
• Inoltre le operazioni urbanistiche sopra descritte non sembrano tener conto della delicata situazione ambientale della fascia costiera a sud del Golfo, con la presenza di acquiferi superficiali molto vulnerabili e di fauna e flora comprese nelle direttive europee habitat ed uccelli e negli allegati della Legge Regionale 56/2000.
Venendo proprio ad una di queste aree più sensibili, la Relazione illustrativa continua a far riferimento a Punta della Rena dove «invece si dovranno stabilire le migliori condizioni ambientali e paesaggistiche per consentire un abbinamento tra un piccolo insediamento residenziale in rapporto con l’acqua e i posti barca in funzione di un radicamento dell’utenza nautica possibilmente di quella della grande nautica da diporto; peraltro la prossimità con l’area delle terme potrebbe favorire ulteriori e positive integrazioni e relazioni funzionali e attrattive, mentre appare utile pensare anche ad ulteriori servizi infrastrutturali, come una piazzola di atterraggio per gli elicotteri considerato il target turistico a cui ci si può rivolgere». La cosa in presenza del più delicato ambiente costiero, dopo quello di Le Prade-Schiopparello, con la presenza di una vera e propria oasi per avifauna migratrice e stanziale di grande valore ci sembra incredibile. Dopo il blitz di Goletta verde del 2009 nell’area è stato detto (anche sulla stampa) che all’idea di costruire un villaggio di decine di villette a Punta della Rena era stata abbandonata, se così è veramente, chiediamo che ogni riferimento venga eliminato dalla documentazione riguardante il Water Front.
San Giovanni
In particolare per quanto riguarda la previsione del porto turistico di San Giovanni le linee di intervento annunciate ci inducono a confermare quanto già espresso da Legambiente nelle osservazioni riguardanti i vari progetti di porto turistico nell’area e che anche la Conferenza dei servizi alla quale ha partecipato anche il Comune di Portoferraio non ha potuto fortunatamente approvare a causa dell’errato iter scelto. Comunque, si osserva che:
• le considerazioni sulla valenza della costa da punto di vista paesaggistico con il Podere della Chiusa, la collina delle Grotte, il podere San Marco (*) e il Mulino (*) (*: non citati nella relazione), e naturalistico, con il SIR delle Prade e la laguna costiera con le caratteristiche di area Ramsar delle Saline, induce a dimensionare le strutture del porto turistico di San Giovanni esclusivamente all’interno della presente diga realizzata per la salvaguardia della costa del centro abitato;
• la configurazione dei fondali induce a limitare naviglio ospitato entro i 12 metri;
• l’uso del porto é prevedibilmente per imbarcazioni di residenti o domiciliati e pertanto non é giustificata la riduzione del parametro posti auto per posti barca da 1,25 previsto dal master plan per i porti turistici a 0,80 previsto per i porti di transito;
• la limitata disponibilità di aree di parcheggio da adibire tra l’altro alle funzioni residenziali, e di scambio con il trasporto pubblico marittimo, la considerazione che esclude la possibilità di abbassare il parametro di posti macchina per posti barca induce a contenere il numero massimo di posti barca alle 200 unità, anche l’ipotetico spostamento a San Giovanni degli ormeggi oggi davanti alla Croce Verde in Darsena dovrebbe poter rientrare in tale numero.
• il contenimento dell’altezza della banchina di sopraflutto non impedisce l’impatto visivo provocato dalle imbarcazioni ospitate e genera un fattore di rischio che potrebbe indurre la successiva realizzazione di una diga tradizionale per un’altezza d’onda di progetto di due metri
• la necessità di assicurare l’uso balneare della spiaggia di San Giovanni e il buono stato delle acque di balneazione induce a specializzare il porto turistico a unità da diporto per la crociera giornaliera (day cruiser) oppure dotate di serbatoio di raccolta delle acque nere e l’obbligo tassativo per. il progetto del Porto turistico di prevedere lo scarico di detti serbatoi di raccolta nel sistema fognario della città.
• La necessità di creare sulla strada provinciale (magari con una rotonda) un nuovo accesso all’agglomerato di San Giovanni
Conclusioni
In conclusione, prendendo atto che la variante strutturale propone alcune misure di salvaguardia che interessano doverosamente l’oasi naturalistiche delle Saline di San Giovanni e quella delle Grotte, si osserva che la variante del piano da sottoporre all’intesa istituzionale tra comune di Portoferraio, Provincia di Livorno e Regione Toscana non é accompagnata da un’adeguata valutazione ambientale strategica, da un’adeguata analisi delle alternative, da adeguate misure di accompagnamento, mitigazione e compensazione e dalla compiuta richiesta di partecipazione della cittadinanza.
Queste carenze mettono in dubbio la reale sostenibilità ambientale del piano.