Il porto commerciale e’, per definizione, “commerciale”, cioe’ soggetto a vincoli legali e normativi importanti, vitali per il buon funzionamento del traffico dei traghetti e per la sicurezza dei passeggeri.
Nessuno lo mette in dubbio, nessuno lo contesta.
Il dubbio nasce dal contesto in cui questo porto commerciale e’ inserito, che appare non solo trascurato, ma assiduamente svilito. Le potenzialita’ di tutta la zona prospiciente i traghetti sono incredibilmente ricche di soluzioni interessanti. Non esistono molti porti nel Mediterraneo con le stesse qualita’ di bellezza e unicita’. Adesso che il nuovo piano per la portualita’ sara’ finalmente varato, e’ necessario essere positivi e solo sperare in miglioramenti. Lo sforzo sara’ gigante, strutturale e logistico, con tempi e disagi lunghi per tutti.
In alcuni casi il miglioramento iniziale pero’ potrebbe gia’ essere molto semplice e nemmeno troppo dispendioso: basterebbe rimuovere gli ostacoli che nascondono le parti di pregio, che sono tante.
Perche’ intanto non togliere quei pannelli pubblicitari giganti, che sembrano di proposito nascondere la roccia e la collinetta, piena di piante autoctone, selvagge e (per ora) indisturbate. La serenita’ e la naturalezza di queste piante, di cui si intravede solamente la presenza, fanno da contraltare all’attuale anonimo enorme piazzale, pressoche’ un unico blocco di asfalto per centinaia di metri. Perche’ non riprendere l’aspetto un po’ “arruffato” anche in basso?
Ci vuole poco a valorizzare, insieme alla collinetta, tutti quegli edifici di prestigio intorno, fino all’Alto Fondale, in attesa del loro restauro: sostituendo i camminamenti per i passeggeri, oggi una vera e strettissima gincana, oppure i vasti spazi vuoti, con semplici e larghi marciapiedi curati, che diano risalto ai palazzi storici. Mi auguro che nel nuovo piano verranno inseriti tanti viali veri, con piante che abbiano la possibilita’ di crescere: si riuscira’ finalmente a buttare quei vasi “provvisori”, cosi ormai distintivi e caratteristici del comune di Portoferraio rispetto al resto di tutta l’Elba, per avere, d’un colpo, un risultato d’effetto sicuro?
Recentemente mi e’ stata segnalata, dall’arch. Paola Muscari, paesaggista di numerosi parchi e giardini, nonche’ “elbana d’adozione” (che molti elbani hanno imparato a conoscere per i suoi libri cosi attenti sull’Elba e l’Arcipelago) una rosa quasi nascosta: se non sbaglio “e’ una Alberic Barbier che aveva ricoperto quasi tutta la scarpata dietro agli enormi cartelloni vicino al baracchino dove affittano i motocicli. Foglie lucide e belle, probabilmente ha le foglie sempreverdi, all’Elba”. A meno che qualcuno non l’abbia tagliata, come arbitrariamente e drasticamente e’ stato fatto a quel meraviglioso glicine dietro la piazzetta Duchoque’, rimpianto da tanti portoferraiesi: volete controllare se c’e’ ancora? chi lo sa? … Per chi non e’ pratico di rose, posso aggiungere che questa rosa ha “libere ramificazioni e un fogliame lucido e lussureggiante, forma un ricco manto su qualsiasi cosa ricopra. I fiori, color giallo chiaro, ricordano la gardenia. Emanano un profumo molto dolce. Nei climi miti, raggiunge i 5×3 m”.
Il porticato del Grattacielo, che ha cosi tanto bisogno di manutenzione e di rinnovamento, potrebbe, in caso di mancanza di fondi, essere intanto attrezzato e imbellito, con poca spesa, con robusti e colorati rampicanti esterni, piantati in terra, non nei vasi, alternati ad alberi o grossi cespugli. Lo so che questo potra’ far sorridere. E’ una soluzione cosi semplice che sembra sciocca. Ma l’effetto e’ assicurato.
Nessun miglioramento purtroppo puo’ essere fatto per liberare la base delle Fortezze Medicee dall’irrimediabile ampliamento della nuova Gattaia, elemento cosi unanimemente odiato dalla popolazione, per lo meno del capoluogo. Mi chiedo cosa gli altri comuni ne pensino. Forse si potrebbe coprirla di un rampicante sempreverde… patetico, vero?
Parlando degli “edifici di pregio”: conosciamo davvero quello che ci circonda? Siamo consci dell’importanza dell’architettura e soprattutto della natura in questo spazio circoscritto? Puo’ capitare che uno nasca e cresca in un posto, senza mai chiedersi cosa abbiamo intorno, dando tutto un po’ per scontato.
I miei commenti non sono tecnici, sono superficiali, abbozzati. Non e’ mia intenzione sostituirmi ai professionisti. Sono anche riflessioni profonde che mi perseguitano, ogni volta che vado in giro per la mia citta’. Attendo con ansia gli sviluppi del nuovo porto, “orientato al futuro e all’occupazione”. Ogni tanto mi chiedo se sia giusto pensare sempre all’impatto turistico-economico del nostro porto commerciale, primo biglietto da visita per il “famoso” turista che finalmente arriva all’isola d’Elba. In effetti la prima motivazione di queste riflessioni non deve essere meramente economica, ma di amor proprio per il paese in cui uno e’ nato e ha scelto di vivere. Il porto, e le navi, fanno parte di ogni elbano: avete mai pensato che sono il terzo luogo dove passiamo la maggior parte della nostra vita, dopo la famiglia e la scuola o il lavoro?
Estratto dall’articolo di Franco Cambi:
Al di là del .. rammarico per la tanta bellezza ormai andata irrimediabilmente perduta, …le vecchie cartoline di Portoferraio non saranno più soltanto specchi di nostalgia per un mondo ormai scomparso ma, soprattutto, fonti utili alla ricostruzione dei paesaggi del passato. …la prima emergenza ambientale-archeologica-storica significativa è rappresentata dalla vecchia collina del Lazzeretto. Questa altura è composta da aplite, la roccia bianca picchiettata di nero che si trova anche lungo la costa compresa fra Le Ghiaie, Capo Bianco e Monte Bello. Le screziature nere della roccia erano poeticamente spiegate da Apollonio Rodio (III secolo a.C.) con gli schizzi di sudore degli Argonauti compagni di Giasone nell’avventura del vello d’oro: durante la lunga navigazione fecero sosta nell’isola di Aithale-Elba e improvvisarono delle gare sportive, una sorta di piccola olimpiade. Sulla collina vi sono tracce di un insediamento pre- e protostorico che potrebbe rappresentare il più antico abitato di Portoferraio (un santuario?).
Al fianco esterno di quella stessa collina si appoggiano i resti dell’ultimo grande monumento di archeologia industriale di Portoferraio. Quel capannone dall’aria cadente avrebbe tutta la stoffa per essere recuperato nelle sue volumetrie e nelle sue forme architettoniche e diventare il terminale del porto, ospitare attività, funzioni, gestioni, esercizi commerciali. Che colossale spreco! E quando anche quel che resta dell’altiforno sarà stato raso al suolo o svilito per qualche ardita sperimentazione in architettese, chi saprà più spiegarsi il toponimo “porto ferraio”?
Al pendio verso mare della collina si appoggiano i resti, cadenti, del Palazzo Coppedè, destinato a diventare non si sa più bene che cosa.