C’è un gran fermento a Pianosa. Un lento ma incontrovertibile cambiamento è in atto ormai da un paio di anni, si avverte ed è tangibile il raffinato e continuo arrivo di viaggiatori motivati che scelgono di recarsi su un’isola che, a prima vista, sembra semplice e “piccola”.
Ad eccezione del periodo estivo centrale, con un’affluenza principalmente interessata all’abusato binomio sole-mare, per tutto il resto dell’anno la continua presenza di turisti qualificati, ognuno con un interesse specifico, accompagnati da guide esperte, coincide con l’arrivo sull’isola di scienziati e ricercatori italiani e stranieri di una vasta gamma di discipline: botanici, ornitologi, geologi, archeologi.
Sono reduce da una visita all’isola, dove mi aspettava la prima delle sorprese, i preparativi finali per aprire al pubblico una meravigliosa e grande sala, completamente restaurata dai volontari dell’Associazione per la Difesa di Pianosa, che raddoppia l’attuale spazio espositivo.
Incontrare poi il geologo e pianosino Luca Foresi, dell’Università di Siena, è sempre un piacere, talmente è la sua dedizione, difficile da distinguere tra quella che porge all’isola, e quella che dedica all’allestimento di una prestigiosa mostra nella Casa del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano su fossili di cervi scoperti a Pianosa che potrebbero risalire all’epoca glaciale.
Un itinerario inaspettato mi ha condotto verso alcune zone di grande interesse dal punto di vista agricolo e botanico. L’isola in origine era stata concepita come colonia agricola penale modello, totalmente snaturata e convertita negli anni ’70 per breve periodo, ripetuto poi per altri 4 anni in quelli ’90, in carcere di alta sicurezza, per cessare la presenza carceraria nel 1998. Dopo molti anni di totale degrado e abbandono, la piccola comunità di detenuti, coordinati dalla Polizia penitenziaria, ha avviato di concerto con il Parco dell’Arcipelago il riavvio dell’attività agricola.
Molte sono le iniziative, molte le idee, tantissima l’energia dei detenuti e dei responsabili sul posto che coordinano e soprattutto ispirano questa opera immane di ripristino e recupero. Ho potuto vedere alcuni dei chilometrici muretti a secco, numerosissimi sull’isola, ripristinati; visitare l’oliveto secolare, fino a ieri avvolto da una fitta coltre di macchia mediterranea, perfettamente potato e riportato alla vita; e i vari recinti dell’ex-pollaio, in passato con 2000 galline, che sono stati adattati ad aree coltivate alternate. I prodotti verranno venduti alla cooperativa dei detenuti, per il turismo nascente che visita sempre più l’isola, e per la terraferma o l’Elba.
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Assaggiare il polline appena raccolto è stata una novità assoluta per me: in quell’ambiente chiaramente non inquinato e grazie alle immense fioriture di rosmarino e asfodeli, sono allineate le novanta arnie per l’allevamento dell’ape mellifera linguistica spinola selezionate in modo naturale, senza trattamenti antibiotici, da quattro anni, grazie ad una ricerca finanziata dalla Regione Toscana, Liguria e Emilia e dal lavoro (che rasenta il volontariato) dell’apicultore presente sull’isola.
A Pianosa l’entusiasmo e la forza, anche fisica, necessari al grande lavoro di riconversione e bonifica non mancano, e chiunque oggi si rechi in visita all’affascinante isola del “Diavolo”, posta sotto la protezione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, non può mancare di visitare anche questi luoghi e conoscere questa nuova realtà.
Per il grande amore che ho per l’isola, e per la sorpresa e il piacere di vedere che, finalmente, dopo così tanti anni di sofferenza, finalmente si è aperto uno spiraglio di ottimismo per il futuro, oggi, per la prima volta, mentre mi avviavo alla barca, sono riuscita a non guardare i muri che si sgretolano, a non essere angosciata dalle targhe delle strade intitolate ai martiri della lotta al terrorismo e alla mafia, che ricordano anche il sacrificio dell’isola. Alla fine, mi sono convinta che sia iniziato il tempo della rinascita, e che sono gli eroi del nostro tempo quelli di cui Pianosa ha bisogno, non degli eroi del passato.
Cecilia Pacini
18 aprile 2014
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