La notte di S. Giovanni del 1950, una piccola e rumorosa carovana, troppo rumorosa per essere cosi piccola, lasciava Firenze: due, tre, quattro scassate auto cariche di pentole, tegami, graticole, coperte e tante altre cose tutte racimolate nei mercatini fiorentini. Ed anche qualche bandiera: bandiere variopinte, multicolori, che non significavano niente di patriottico ma soltanto festa, inno alla vita troppe volte rischiata nei lunghi anni di guerra (Fortunato Colella).
Alla fine degli anni ’40 il pittore Silvano Bozzolini e lo scultore Renzo Baraldi, componenti attivi del fervore artistico che aleggiava in quegli anni in piazzale Donatello a Firenze, dopo una vacanza in bicicletta descrissero ai compagni d’arte la bellezza e la pace dell’Isola d’Elba generando curiosità ed interesse.
Fu cosi che la notte del 24 giugno 1950, dopo aver guardato i fuochi d’artificio dal tetto dello studio del pittore Gonni, lo stesso Gonni, Baraldi, il pittore Beppe Lieto, lo scultore svizzero Quellos con la famiglia, il pubblicitario ed intellettuale Ormanno Foraboschi ed una coppia di amici, in sella a due motorini e ad altrettante macchine, partirono con destinazione Elba.
Il giorno successivo installarono le loro tende dietro alla spiaggia di Procchio, sotto i lecci, ed issati i cavalletti sulle dune iniziarono a dare libero sfogo alla loro brama di dipingere.
Per il piccolo borgo e per i suoi tranquilli abitanti, l’arrivo dei pittori fu un vero avvenimento come l’arrivo del circo o il passaggio delle cavallette (Gonni).
In realtà, anche se sorpresi dalla loro apparenza arruffata e stravagante, gli abitanti del paese fecero subito amicizia con gli artisti, così come fece il pittore locale Eolo Puppo, componente del Gruppo Artisti Elbani, e come fecero alcuni dei visitatori abituali di Procchio, fra i quali la famiglia Olschki (editori ed intellettuali) e Mario Cartoni (giornalista della Nazione di Firenze). Dopo pochi giorni, dietro ai pionieri arrivarono nuovi artisti: Oltre a Bozzolini, già assiduo frequentatore dell’Isola, vennero Enzo Faraoni, Valentino Ghiglia, Emilio Ambron, Anna Maria D’Annunzio, Raffaello Giovannetti, Furio Cavallini. E poi il palestinese Goral, l’americano Wright ed amici e parenti…
Un giorno due pittori intelligenti
dissero fra loro: -Andiamo un poco
fuori, lontani dalle fatue genti,
a far l’artista, il pescatore, il cuoco.
Detto fatto, partirono contenti
scegliendo d’Elba il più ridente loco.
Erano due ed or son più di venti,
e dell’Arte così fu acceso il foco.
(La Stampa 19 settembre 1951)
Ma dove potevano esporre i loro quadri? Come potevano proteggere le loro tele dall’umidità notturna e dalle possibili piogge? Le tende non erano adatte. E come procurarsi un pasto decente almeno una volta al giorno? Non tutti potevano permettersi di pagare al ristorante, e non potevano mangiare tutti i giorni, sia a pranzo che a cena, il solito pesce pescato nel mare del golfo, per quanto buono e abbondante.
L’anno precedente era stata aperta a Procchio la trattoria “Da Renzo” il cui proprietario, Domenico Mazzarri detto “ il Meco”, era uomo di infinita pazienza e bontà. I pittori proposero un accordo: in cambio del pasto serale e di parte dello spazio coperto utile ad allestire una mostra permanente delle loro opere, avrebbero decorato le pareti del ristorante. Avrebbero inoltre animato le serate estive, portato nel locale amici e conoscenti ed arredato l’interno. Reti da pesca sono panneggiate sulle pareti, le lampade si occultano dentro nasse da aragoste, cocci romani tratti da un’antica fornace scoperta sulla spiaggia, sono posati un po’ dappertutto (Delfina Pettinati, La Stampa 20 settembre 1951).
Dato che all’Elba era già diffusa la speculazione sul mito di Napoleone, si affrettarono a scrivere accanto all’insegna: Qui Napoleone il Grande non ha mai mangiato. Mai!
Iniziarono quasi subito a vendere quadri e a portare personaggi ed artisti di rilievo dell’epoca, fra i quali Felice Carena, Gianni Vagnetti, Vespignani, De Chirico.
Le pareti iniziarono ad animarsi e a colorarsi con nature morte, cronache locali e pennellate scherzose: “decorazioni”, come i pittori volevano sempre puntualizzare, anche se molte di quelle semplici decorazioni erano in realtà dei piccoli gioielli artistici. Stili diversi, scuole diverse, ma una limpida amicizia, una “camaraderie” che accomunava tutti, grandi e un po’ meno grandi, in un identico amore per l’isola meravigliosa (Corriere Elbano, 21 settembre 1950).
Così Da Renzo divenne il ritrovo dei pittori e degli amatori e dei collezionisti……e nacquero discussioni d’arte, nacquero feste scapigliate durante le quali vennero coniati saporosi stornelli toscani “Fior fiordaligi, comprate gente, quadri a vostro agio, il gran mercato è Procchio e non Parigi” (Corriere Elbano, 21 settembre 1950).
Uomini liberi, anarcoidi, pieni di talento ed ingegno, semplici ed allegri, spregiudicati e bevitori. Della singolare e pittoresca “comunità” dei senza una lira che bevevano a credito dove “Napoleone non aveva mai mangiato” si occupò la stampa non solo nazionale. E furono pubblicati articoli e interviste, servizi radiofonici e televisivi (Gonni).
… non è, come si potrebbe malignamente pensare, un accampamento di dilettanti, ma un insieme armonioso e vario di professionisti della tenda e del pennello….non nuovi a mostre di pittura ed alle pubblicazioni ed all’insegnamento presso l’Accademia di Firenze (Domenico Prampolini).
Nelle estati successive aumentarono le presenze negli accampamenti. Se ne aggiunse uno a Punta Agnone, fra il golfo di Procchio e quello di Spartaia, e il pittore Gonni trovò alloggio dentro il barcone del vecchio Osio ormai lasciato sulla spiaggia, e qualcuno cominciò a pensare a sistemazioni meno provvisorie.
…non c’è intellettuale, artista, persona di gusto, insomma, che non vada a far loro una visitina. Andare a Procchio significa ormai andare da quella pleiade di artisti che, muniti di pennelli e tavolozza, si soffermano parecchi mesi dell’anno, e in generale da giugno a ottobre, in questa dolce insenatura… (La Stampa 19 settembre 1951).
Le iniziative si moltiplicarono: Nelle loro divagazioni maturava l’intento di trasformare Procchio in un centro internazionale d’arte. A tal fine nacquero progetti e si cullarono sogni fra cui quello di giungere addirittura a possedere “La Guardiola”. Tra i progetti anche un premio di pittura annuale per l’Elba, la costruzione in Procchio di una casa per artisti poveri e vecchi “che possano chiudere gli occhi abbeverandosi a quei colori dai quali non fu trattenuto Napoleone (Giancarlo Molinari).
In un clima di spensierata allegria tennero manifestazioni artistiche che attirarono l’interesse degli abitanti del luogo e dei turisti. Dal 20 al 26 agosto del 1952 l’Ente Provinciale per il Turismo e l’Associazione Progresso Elbano organizzarono una mostra di pittura intitolata “Golfo di Procchio” per “spronare e venire incontro alle necessità dei pittori che hanno scelto il Golfo di Procchio come sede naturale di attività artistica”.
Ed intanto le firme sulle pareti del ristorante continuavano ad aumentare. Fu cosi che ebbe inizio la fortunosa “carriera” turistica di Procchio. Bisogna riconoscere che sono gli artisti e i letterati i veri precursori del turismo elbano… Per anni, puntualmente, ad ogni inizio dell’estate, arrivarono con tende e fardelli, pentole e “cazzeruole”, tele e cavalletti e un’immensa gioia di vivere (Gonni).
I pittori delle dune per circa dieci anni tornarono sulla spiaggia di Procchio. Dopo, alcuni di loro si stabilirono in maniera definitiva sull’isola, altri vi comprarono la casa per le vacanze estive, altri l’abbandonarono definitivamente con l’arrivo del turismo di massa e ad altri, invece, la vita non dette il tempo di scegliere.
Ma, anche una volta abbandonate le tende, i pittori delle dune continuarono a sollecitare amici ed artisti a passare da Meco per lasciare un pensiero sul “Giornale di bordo” o dei disegni sulle pareti, disegni che nel tempo hanno reso il locale il piccolo ed originale museo che abbiamo oggi.
A cura di Fiamma Lieto e Angela Provenzali, estratto dal Premio Lieto, Procchio, agosto 2012
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