Inviamo il comunicato stampa del “Comitato Eradicazione del Cinghiale dall’isola d’Elba” in risposta alla ATC Ambito Territoriale di Caccia 10 Arcipelago Toscano e suo presidente avv. Carlo Simoni. Il Comitato, che rappresenta più di 70 realtà del tessuto civile, produttivo, culturale e ambientalista dell’isola d’Elba, comprende anche la nostra Sezione Arcipelago Toscano di Italia Nostra. Vi è presente anche la Fondazione Villa romana delle Grotte.
Comitato per l’Eradicazione del Cinghiale dall’Isola d’Elba
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I CINGHIALI STANNO DISTRUGGENDO L’ELBA
Basta tergiversare: la comunità elbana è in rivolta, è all’unanimità che lo chiede!
Isola d’Elba, 23 gennaio 2022
Sono decenni che la Regione Toscana ha delegato agli interessi venatori il compito di contenere l’espansione del cinghiale, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti, perché la caccia rappresenta non la soluzione, bensì la principale causa del fenomeno ed anche il principale ostacolo alla sua soluzione. L’intera Elba chiede alla Regione Toscana di assumersi finalmente la responsabilità storica di sottrarre l’Isola, attraverso una strategia efficace per il contenimento a zero degli ungulati, ad un destino di impoverimento ecologico, agricolo, paesaggistico ed economico, nonché di una sempre più marcata instabilità idrogeologica.
Il conto da pagare è salatissimo: umano, economico, paesaggistico, energetico. La mobilitazione ha trovato il punto di raccolta nel “Comitato per l’eradicazione del cinghiale dall’Elba”, che ha redatto un documento di approfondimento scientifico e storico (reperibile a questo link https://www.elbaconsapevole.it/forum/biodiversita/ ) ed ha avuto l’adesione di 70 realtà elbane del tessuto civile, produttivo, culturale e ambientalista. La Comunità del Parco (di cui fanno parte tutte le Amministrazioni Comunali) ha deliberato all’unanimità la richiesta urgente alla Regione di revocare l’area vocata per la caccia al cinghiale e di predisporre un piano di intervento mirante al contenimento a zero.
Risposta del Comitato Eradicazione del Cinghiale dall’isola d’Elba
all’ATC Ambito Territoriale di Caccia 10 Arcipelago Toscano e al suo presidente avv. Carlo Simoni
nella sua intervista sul quotidiano Il Tirreno
“La caccia rappresenta la principale causa del fenomeno nonché il principale ostacolo alla sua soluzione”
Assistiamo all’ennesimo tentativo dei rappresentanti del mondo venatorio di riaffermare il concetto che i cacciatori possano essere la soluzione alla devastante presenza dei cinghiali all’Elba, diventati i nuovi e ingombranti padroni dell’isola. Una situazione ormai insostenibile per tutte le aziende, agricole e turistiche, e che mette a rischio la biodiversità insulare e la sicurezza delle persone. Non solo, si cerca anche di reiterare le accuse al Parco di essere la causa del problema, provando di nuovo a chiedere di poter cacciare entro i suoi confini.
La caccia rappresenta non la soluzione, bensì la principale causa del fenomeno e il principale ostacolo alla sua soluzione, per diversi motivi:
– per il chiaro conflitto di interessi, che vede i cacciatori a favore della presenza diffusa sul territorio degli ungulati, tanto da essere stati capaci di convincere la Regione Toscana a dichiarare l’Elba “Area vocata alla caccia al cinghiale”;
– per le modalità delle battute. La “braccata”, in particolare, oltre a rappresentare una forma molto cruenta di abbattimento, scatena l’esplosione demografica della specie in quanto ne destabilizza le dinamiche di branco.
La comunità elbana è in rivolta. Più di 70 realtà del tessuto civile, produttivo, culturale e ambientalista hanno aderito ad una petizione lanciata dal “Comitato per l’eradicazione del cinghiale” per chiedere alla Regione Toscana la revoca della destinazione dell’Elba ad “area vocata alla caccia cinghiale”, il contenimento a zero del cinghiale (come è in corso di attuazione sull’isola dell’Asinara, in Sardegna) e lo stralcio dell’Elba dal Piano Faunistico Venatorio regionale (che è in fase di riscrittura), in modo da prevedere provvedimenti più mirati alla sua realtà.
È un appello accorato ad agire, prima che la situazione diventi irrimediabile, quello che l’Elba indirizza alla Giunta Regionale. Le richieste del Comitato sono state fatte proprie dall’intera comunità isolana, dai Sindaci, dalla Comunità del Parco e dallo stesso Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Si tratta di riconoscere la peculiarità della condizione insulare, anche in relazione alla fragilità degli equilibri ecologici di un ambiente unico racchiuso in un piccolo lembo di terra, avviando, insieme al Parco, un piano di contenimento a zero del cinghiale, utilizzando un progetto Life (finanziamento dell’Unione Europea per l’ambiente e il clima) o le risorse del PNRR.
Il cinghiale ibrido è stato introdotto nei primi anni ’60 per esclusivi scopi venatori. Per l’Elba si tratta di una specie aliena ed invasiva ad alta capacità riproduttiva, che in assenza di nemici ha avuto vita facile nel prendere il sopravvento e diventare la prima minaccia per l’isola intera. I cinghiali sono ormai dappertutto: padroni incontrastati dell’isola, vagano per le strade, sui sentieri battuti da ciclisti ed escursionisti, girano alla ricerca di cibo devastando la campagna ed i campi coltivati, le vigne, i boschi e le pinete spingendosi ormai fin dentro i giardini delle case e strutture. Hanno danneggiato o demolito gli storici muri a secco, testimonianza storica del nostro passato agricolo. La presenza massiccia di ungulati costituisce una minaccia esiziale per le attività agricole esistenti e future e sono aumentati i danni alle proprietà private e pubbliche, nonché il pericolo per le persone stesse. Le colture agricole, che con grande difficoltà resistono, sono state tutte inevitabilmente recintate (con danno al paesaggio e al movimento della fauna selvatica autoctona), pena la matematica devastazione. Non sono stati risparmiati nemmeno i grandi parchi di alcuni nostri siti culturali, “arati” quasi completamente, quali ad es. il Museo Nazionale della Residenza Napoleonica di San Martino, finché non si è ricorso alla recinzione elettrificata; la Villa Romana delle Grotte; l’Open Air Museum Italo Bolano. Non si è salvato nemmeno il Campo da Rugby recentemente allestito. La contabilità dei danni è ingente, quotidiana, insostenibile. Ora, come se tutto ciò non bastasse, fa paura anche la peste suina, che si teme possa sbarcare sull’Isola, trovando “terreno fertile” tra le migliaia di cinghiali.
Ma non è tutto. L’inestimabile patrimonio di biodiversità dell’isola, con tutta la ricchezza animale e vegetale, si sta impoverendo, rarissime piante non più rinvenute da oltre un decennio sono considerate ormai estinte, le biocenosi del suolo vengono sottoposte ad alterazioni ed i versanti perdono pericolosamente stabilità.
Il conto da pagare è salatissimo: umano, economico, paesaggistico, energetico e il problema non può essere risolto da un gruppo di cacciatori. È un’emergenza che coinvolge l’intera comunità elbana, che ora si aspetta non che alcuni cacciatori si riuniscano per organizzare “braccate”, ma chiedono all’unisono che la Regione Toscana non si attardi oltre nel mettere a punto una vera strategia efficace per il contenimento a zero degli ungulati nella nostra zona insulare: la mobilitazione ha trovato il punto di raccolta nel “Comitato per l’eradicazione del cinghiale dall’Elba”, che ha redatto un corposo e rigoroso dossier di approfondimento scientifico e storico (reperibile a questo link https://www.elbaconsapevole.it/forum/biodiversita/ ). Sulla base di questo studio, la Comunità del Parco (di cui fanno parte le Amministrazioni Comunali) ha deliberato all’unanimità la richiesta urgente alla Regione di revocare l’area vocata per la caccia al cinghiale e di predisporre un piano di intervento mirante al contenimento a zero.
A questo si aggiunge che la fallimentare strategia di contenimento numerico sinora seguita comporta un costo annuo ingentissimo per catturare ed abbattere i cinghiali. Come già detto, proponiamo di utilizzare le risorse attualmente disponibili (progetti Life o PNRR) finalizzate a conseguire il contenimento a zero ed a far cessare lo spreco ultraventennale di risorse pubbliche in politiche fallimentari. Se si perde questo treno ci si dovrà rassegnare alla definitiva devastazione del patrimonio naturale dell’Isola, della sua biodiversità, dell’assetto idrografico, delle campagne e dei giardini, ma anche ad un elevato aumento del pericolo di incidenti stradali e, inoltre, al depotenziamento dell’attrattiva turistica dell’isola.
Richiamiamo la Regione alle proprie responsabilità. Il rischio è che la soluzione del problema venga affidata nuovamente proprio a chi lo ha generato, ovvero le organizzazioni venatorie. Occorre un sussulto di dignità istituzionale e di coraggio politico per assicurare un finale diverso a questa annosa quanto devastante vicenda.