E così con la delibera numero 3 del 7 gennaio 2019 la Giunta Regionale della Toscana ha autorizzato la Società Eurit ad estendere all’isola d’Elba le attività di estrazione di 6 ettari prelevando oltre 2 milioni di tonnellate di rocce elbane per trasformarle in tante piastrelle colorate.
L’elenco delle autorizzazioni degli enti preposti alla valutazione del progetto è lungo. Ecco la Soprintendenza. Ecco il Genio Civile. Insieme si accodano i sindacati e la rappresentanza dell’industria. Dodici pagine infarcite di una ventina di “visti”, una trentina di “prese atto”, e un’altra trentina tra “rilevati”, “premesse e richiamati”, offrono un desolante quadro burocratico-amministrativo che, nei fatti, ci dice che in dieci anni sarà scapitozzata la collina di Cima Grande “nell’interesse pubblico” per motivi di “natura sociale ed economica”. Motivi che prevalgono “rispetto alla incidenza negativa sui siti della Rete Natura 2000” in relazione ai quali saranno adottate “misure compensative individuate dal proponente”. Che sminuiscono il ruolo nell’isola del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
È un atto che non propone la soluzione al problema, per ammissione della stessa Giunta che ha approvato un Piano che del Paesaggio Toscano, e dell’Elba in particolare, ha fatto la sua “icona” di bellezze. Emerge una domanda: fra dieci anni, perdurando ancora l’interesse pubblico delle motivazioni socio-economiche, cosa facciamo? Nell’emergenza contingente, dovendo scegliere tra posti di lavoro e ambiente, è ovvio che vengono scelti i posti di lavoro. Ma di emergenza in emergenza, finiremo per cavare minerale all’iconico Capo Bianco. La Giunta maschera con questa delibera il proprio fallimento nell’affrontare la situazione nell’interesse pubblico e l’inefficienza nelle trattative economiche e compensative in corso da anni, non con la piccola consociata Eurit, ma con la casa madre, l’impresa Colorobbia. Un’azienda leader nel mondo.
Del resto, appellarsi ai fondamentali principi del Piano di Indirizzo Territoriale con Valenza di Piano Paesaggistico approvato dalla Regione Toscana può essere rischioso vicino alle elezioni: si preferisce trascurare qualunque riferimento alle “Linee guida per la valutazione paesaggistica delle attività estrattive”, espressamente e chiaramente declinate nel documento. Il caso del Parco Regionale delle Apuane ci accomuna a situazioni apparentemente diverse. Si preferisce nascondersi dietro valutazioni a breve termine, rinnegando il piano paesaggistico, rivolto non certo a un paesaggio astratto. La Convenzione europea del Paesaggio ce lo spiega, il paesaggio è una parte di territorio così come è percepito dalle popolazioni che vi abitano, vi lavorano, dall’ambiente, dalle loro relazioni. Siamo sicuri che siano solo gli ambientalisti a protestare? Veramente gli elbani sono insensibili?
Viene spontaneo paragonare questo intervento d’emergenza, delle istituzioni unite nella delibera regionale, con gli interventi normalmente destinati alle politiche scolastiche, alla formazione. Fa male constatare che il futuro dell’economia elbana privilegiato dalla Regione Toscana sia il lavoro di cava, antistorico in un’isola, in un arcipelago a forte connotazione ambientale e turistica. Non ci si è nemmeno accorti che si ignorano le aspettative dei giovani, che si mette in crisi il lavoro di chi abita nella zona, che si sfigura non una parte, ma tutta l’Elba. La gestione strategica di un territorio si aspetta anche questo, una sua progettazione formale riconosciuta e condivisa dagli abitanti, che tenga conto delle responsabilità politiche e amministrative di indirizzo e controllo della Giunta Regionale, in questo caso svilite nei fatti.