Domenica 14 aprile, un bel numero di persone si sono ritrovate alle h.10, sotto un sole precocemente estivo, in Piazza del Popolo, a Rio nell’Elba, per dar vita alla passeggiata “Salviamo il Giove”, promossa dal comitato locale Terra di Rio cultura e ambiente, Legambiente, Italia Nostra e Cai, con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza elbana e le istituzioni preposte alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio architettonico presente sul territorio. In particolare oggi l’intento è stato quello di porre all’attenzione di Soprintendenza, Comune di Rio, Parco Nazionale Arcipelago Toscano – ossia gli enti chiamati ad intervenire – lo stato di gravissimo degrado in cui versa ormai questo manufatto, un tempo splendido esempio di architettura militare bastionata tardomedievale tra i più significativi in Italia. Voluto da Jacopo Appiani III Appiano, signore del Principato di Piombino e terre limitrofe, tra cui l’Elba, terminato nel 1459, era costituito da una poderosa torre a tre piani con terrazza merlata scoperta, dove avveniva l’accensione dei fuochi di segnalazione, e da mura circondate da un fossato secco dotato di ponte levatoio. L’ingresso a sud era sormontato da un bellissimo stemma appianeo, poi caduto nel fossato e trafugato intorno al 1967. La funzione del “castello” come veniva chiamato dagli abitanti della terra di Rio, era triplice: controllo dei traffici marittimi nel Canale di Piombino e avvistamento del temuto naviglio turco barbaresco in avvicinamento, rifugio per i terrorizzati abitanti di Rio e Grassera durante le incursioni, controllo delle preziose miniere di ferro sottostanti. La visuale dalla sommità del Torrione doveva essere fantastica, inglobando tutto l’orizzonte marino punteggiato dagli isolotti di Palmaiola e Cerboli fino a Populonia, l’Argentario e il Giglio; e specularmente la fortezza è sempre stata, da quasi sei secoli, il referente visivo e affettivo di chi viveva – e vive – nel versante orientale.
Ai camminatori, che hanno percorso quasi Km. 2.5 dal cuore del paese di Rio alla base del Monte Giove e hanno poi affrontato la salita verso le rovine, per fortuna ombreggiata dalla macchia mediterranea, quello che è apparso allo sguardo è stato, pur nella sua imponenza e senso di mistero, l’unico muro rimasto e orientato a meridione, di tutta la costruzione: lo infiltra e forse lo tiene ancora in piedi un robusto albero d’edera, la cui eliminazione potrebbe comprometterne la precaria stabilità. L’impressione di tutti – ed eravamo alla fine un centinaio – è stata la consapevolezza che, in mancanza di interventi, entro un breve lasso di tempo, anche lui crollerà miseramente. La richiesta accorata a chi può e deve, è dunque quella di intervenire immediatamente per mettere in sicurezza almeno quest’ultimo muro, ultima sentinella rimasta di un passato glorioso e drammatico.
L’iniziativa si associa ad un programma intensivo di sensibilizzazione che le suddette associazioni si stanno impegnando a portare avanti di concerto anche su altri manufatti del versante orientale che necessitano di uguale attenzione.
Italia Nostra
Sezione ArcipelagonToscano