I Giardini Napoleonici elbani potrebbero a pieno titolo inserirsi nel contesto dei giardini e parchi napoleonici non solo italiani, ma anche europei. Dopo Beppe Tanelli, “Italia Nostra Arcipelago Toscano” offre le riflessioni di un altro socio al dibattito innescato in questi giorni da Le Figaro, con un chiaro riferimento anche al nostro verde pubblico cittadino.
Il 5 giugno di quest’anno si è svolta a pochi chilometri da Parigi una grande festa per il restauro del Giardino di Rose della Malmaison, voluto dall’imperatrice Giuseppina Beauharnais e da Napoleone Bonaparte. Un giardino molto amato, arricchito dalla sovrana con decine di varietà di rose, fra cui la prima Rosa Tea, da cui derivarono molte nuove rose e la meravigliosa e profumata Souvenir de Malmaison, che ancora oggi fiorisce in tanti giardini del mondo, creata per l’occasione.
L’imperatrice spese enormi somme di denaro per il suo giardino, chiamando al suo servizio molti botanici e giardinieri del tempo. Il giardino e le sue rose furono poi immortalati da Pierre-Joseph Redouté, famoso artista belga che lavorava in Francia.
Nel 200° anniversario della scomparsa di Giuseppina, il restauro del Giardino è stato ultimato con 750 piante di rose antiche, inoltre sono stati restaurati un abito e un mantello in seta ricamati con fili d’oro e d’argento, esposti sino al 29 giugno nella mostra parigina “Josephine” al Museo du Luxembourg.
Leggendo questa notizia non posso non andare con il pensiero ad un altro amatissimo Giardino, voluto da Napoleone nella Villa di Portoferraio, Giardino che ebbe attenzioni e cure molto simili a quello parigino, ma che purtroppo oggi conosce destini diversi. Mi chiedo allora quali siano le ragioni per cui in Italia, non solo all’Elba, un giardino e un parco non abbiano le stesse attenzioni, le stesse cure, gli stessi progetti, finanziamenti e gestioni lungimiranti di un edificio storico. Al giardino si guarda come ad uno spazio intorno ad un’architettura, quasi uno spazio vuoto, privo di valore, un contenitore con qualche pianta stentata e molta vegetazione infestante che spesso ha cancellato storici rapporti compositivi e prospettici.
Sappiamo ormai bene dagli studi recenti, dalle ricerche iconografiche e d’archivio, dalle pubblicazioni, come il Giardino dei Mulini non fosse affatto un luogo qualsiasi per Napoleone ma fosse un recinto prezioso, con collezioni di piante in vaso, aranci, rose, un proseguimento ideale delle sale della Villa, un valore importante anche perché legato ad un momento delicato e difficile per la vita dell’esule.
Alla stessa stregua della Villa, il Giardino era parte, è ancor oggi parte di uno straordinario contesto storico, architettonico, paesaggistico, e sarebbe una stupefacente occasione per un racconto complesso dei progetti svolti in quei mesi di esilio, progetti legati alla particolare attenzione che Napoleone dava ai Giardini: alla sua influenza infatti si devono fra l’altro i Giardini Reali di Venezia, il Parco di Monza, la passeggiata del Pincio a Piazza del Popolo.
A conclusione può essere utile ricordare che il Comitato internazionale dei giardini storici ICOMOS-IFLA riunitosi proprio a Firenze il 21 maggio 1981, ha redatto una carta relativa alla salvaguardia dei giardini storici, la Carta di Firenze, che definisce Un giardino storico come una composizione architettonica e vegetale che dal punto di vista storico o artistico presenta un interesse pubblico. Come tale è considerato come un monumento.